Un Campus della Salute per il medico del futuro

Per millenni la figura del medico è stata circondata da un’aura di grande rispetto e considerazione, in virtù dell’unicità delle sue conoscenze e competenze, con le quali influiva sui destini umani, salvando vite oppure dichiarando, con grande autorità, l’ineluttabilità della situazione. In questo ambito la relazione medico-paziente era molto stretta e forte, basata su una disparità che rassicurava il paziente e appagava il medico. L’avvento di tecnologie sempre più sofisticate e la facilità di accesso a fonti di informazione più o meno attendibili da un lato, l’aumento vertiginoso delle scoperte scientifiche e la loro traslazione in ambito clinico e chirurgico dall’altro, stanno modificando progressivamente e inesorabilmente la professione del medico, che sempre più spesso deve fare ricorso ad altre figure per la gestione del paziente: colleghi con competenze super specialistiche, tecnici delle professioni sanitarie per l’esecuzione e l’interpretazione di indagini diagnostiche sofisticate, tecnici informatici per la gestione del flusso di dati e applicativi. Questo accade non solo in ambito medico clinico, ma anche in quello chirurgico dove la tecnologia – robotica e non – sta progressivamente integrando le mani e il cervello del chirurgo.
Il Medico di oggi, e ancor più quello del futuro, deve acquisire familiarità con concetti di intelligenza artificiale, scienza dei materiali, sensori, robotica, stampanti 3D, acquisizione e analisi di big data e con un numero crescente di applicazioni. In questo scenario, anche la formazione necessita di un profondo ripensamento attraverso l’integrazione di nuove conoscenze e competenze, per offrire al futuro medico, e medico del futuro, una serie di skill che spaziano dalle conoscenze matematiche per capire i modelli predittivi che stanno permeando tutte le branche della medicina, alle conoscenze tecniche per decodificare e interpretare l’output di sofisticati accertamenti, fino alle competenze comunicative per tradurre la scienza e la tecnologia utilizzate nel percorso diagnostico-terapeutico in un linguaggio che sia comprensibile al paziente, facendolo sentire accudito anziché smarrito. E inevitabilmente, il reboot formativo deve comprende anche nozioni di sostenibilità, perché la salute delle persone passa attraverso l’attenzione all’ambiente.
Stime affidabili ci dicono che, se oggi la medicina personalizzata non è ancora realtà, lo diventerà fra 5-10 anni e al medico verrà chiesto di predire il destino dei pazienti e di impostare di conseguenza i trattamenti preventivi più adeguati, anche molto costosi. Questo porterà inevitabilmente all’acuirsi delle disparità sociali, basti pensare al fenomeno della “medicina-maggiordomo” basata sulla tecnologia, che sta già prendendo piede nelle classi più abbienti negli Stati Uniti. In questo scenario, il rapporto con il paziente rischia di diventare più rarefatto, mediato da telemedicina, sensori, indagini genetiche e calcoli matematici, diluito fra figure multiple professionali e chatbot. Proprio per questo è importante che il medico del futuro coltivi, e venga aiutato a farlo, quelle doti di analisi critica, creatività ed empatia che sono irrinunciabili in una professione in cui la health tech non può prescindere dall’approccio umano per le ovvie implicazioni sociali e psicologiche che a essa si associano.
Il Campus della Salute diventerà il luogo dove i futuri medici apprenderanno le nozioni teoriche necessarie per la loro professione, le approfondiranno attraverso i molteplici canali di conoscenza offerti dalla biblioteca di area sanitaria, inizieranno a metterle in pratica nell’area di simulazione e costruiranno la loro preziosa rete di relazioni e di scambio culturale-scientifico con docenti, colleghi e con le altre figure professionali sanitarie.